mineralità – vocazione del vigneto – umami
mineralità – vocazione del vigneto – umami
La riflessione sull’impiego del descrittore “minerale” al gusto è incerta e complessa. Vent’anni fa non c’erano dubbi che il gusto salato, come veniva chiamato, fosse dovuto ai sali minerali presenti nel vino. Osservazioni successive hanno invece dimostrato che la percezione della sapidità, che nel frattempo ha cambiato nome, ha almeno tre stimoli chimici indipendenti: i sali, l’acidità e i nucleotidi.
La mineralità
Con il termine minerale s’intende normalmente qualcosa che “induce alla salivazione”, con la nota mineralità si dovrebbe indicare una sensazione gustolfattiva che “ricorda qualcosa di minerale”. La percezione è corretta e si riferisce ad un gruppo di descrittori tipo grafite, caffè, liquirizia, pane bruciato. Una volta inquadrata la terminologia, spetta al degustatore ritenere questi descrittori positivi o negativi. L’origine è indubbiamente minerale, legata all’onnipresente e pleomorfo idrogeno solforato.
Sale q.b.
La salinità influisce su molti aspetti sensoriali e si possono percepire effetti gustativi per variazioni dell’ordine di 0,2 g/L. A queste concentrazioni i sali non agiscono sulla sapidità in senso stretto, ma hanno un ruolo più simile a quello dell’ingrediente “sale quanto basta” nelle ricette delle torte. Il differenziale che causa lo stimolo percettivo è ampiamente inferiore alla variazione di concentrazione salina dei vini, che è compresa fra 1,4 g/L e 3 g/L, con valori eccezionali più estremi.
Piccolo inciso. Anche se è esperienza comune che l’aggiunta di qualche granello di sale dell’Himalaya ad un bicchiere di vino ne cambia le caratteristiche gustative, è doveroso ricordare che l’ossido di ferro, rosa, ha un importante apporto ossidante all’interno di questa simpatica personalizzazione del cibo.
Acido/sapido
La composizione salina dei mosti è sicuramente legata al terreno d’origine, che influenza in modo predominante i rapporti fra i cationi principali: potassio, calcio, magnesio. Anche se a prima vista potrebbe sembrare stravagante, la salinità dei mosti determina l’acidità dei vini. La precipitazione del tartrato di potassio è uno dei fenomeni più appariscenti che avvengono durante la conservazione del vino. Nei mosti in cui il potassio è in percentuali più elevate si osserverà una precipitazione di tartrato di potassio più copiosa. In termini più semplici: un vigneto vocato ha meno potassio e dà vini con quantità maggiori di acidi in soluzione. Assaggiando questi vini si percepisce una lunga, persistente e piacevole salivazione. Dall’anno 2013 è possibile sottrarre il potassio dal vino, anche biologico, impiegando apposite resine. Questo trattamento fisico, poco invasivo, ha quasi parificato le norme europee a quelle degli altri Paesi ed è anche stato, secondo me, uno degli stimoli principali alla diffusione del nuovo stile acido/sapido dei vini e di veri e propri miracoli viticoli con grado 14% vol e pH 3,3.
Nucleotidi e glutammato
L’effetto sulla sapidità del glutammato monosodico fu scoperto nel 1908 da Kikunae Ikeda, mentre studiava il brodo di alghe. Dopo quasi un secolo, nel 1985, è stato riconosciuto che questo composto ha la capacità di stimolare un quinto gusto, chiamato “umami”. Il glutammato e soprattutto i nucleotidi, che sono i costituenti di DNA e RNA, sono presenti in tutti i brodi vegetali o di carne, ma sono anche all’origine dei sapori di formaggi e insaccati stagionati. I derivati di lievito, che ne sono molto ricchi, vengono utilizzati comunemente come insaporitori nel settore alimentare. Il tipico odore brodoso di molti snack a base di patate è dovuto proprio ai derivati di lievito aggiunti. Anche nel vino ci sono i nucleotidi; provengono dall’affinamento in presenza di fecce fini o da aggiunte esterne, lecite.
Più dubbi che certezze
Acidità sostenute e presenza di fecce fini hanno generato un nuovo stile acido/sapido che non sembra avere un livello di repulsione, come si nota, ad esempio, per il gusto dolce. Il termine minerale se utilizzato per le percezioni gustative non è ambiguo, anche se non è riconducibile direttamente alla concentrazione salina. Personalmente preferisco utilizzare il parametro quantitativo “sapidità”. Comportandomi in questo modo lascio che la mente non si precluda il giudizio “eccessivamente sapido”, mentre dire “fin troppo minerale” sembra una contraddizione logica.
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