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Quando il Parlamento europeo viene chiamato a legiferare su argomenti enologici si avvale obbligatoriamente del parere di un gruppo d’esperti: l’OIV, Organisation International de la vigne et du vin. Una struttura extragovernativa in cui confluiscono i pareri di studiosi e specialisti, scelti ed inviati dai vari ministeri nazionali. All’OIV spetta il compito di uniformare le norme anche con i Paesi di altri continenti.
Nel marzo del 2019 l’UE ha recepito i suggerimenti dell’OIV (reg. 934/2019) e pubblicato una tabella che riporta la classificazione dei prodotti enologici, distinguendoli fra additivi e coadiuvanti.
Molti composti esogeni sono stati considerati coadiuvanti e per loro l’indicazione in etichetta non sarà obbligatoria.
Definizione di coadiuvante riportata dall’OIV
Questo termine indica “qualunque sostanza o materiale, eccetto le apparecchiature o gli utensili, non consumato di per sé come alimento, usato intenzionalmente nel trattamento delle materie prime, negli alimenti o nei loro ingredienti, per raggiungere un determinato scopo tecnologico durante il trattamento o l’elaborazione e che può avere come risultato la presenza non intenzionale ma inevitabile di residui o derivati nel prodotto finale”.
In sintesi un composto aggiunto al vino è un coadiuvante anche se rimane nel vino ma non ha più la sua funzione originale.
E’ il caso, ad esempio, dei derivati del lievito o dei tannini utilizzati come chiarificanti.
Solo 20 composti sono stati inclusi nella lista ristretta degli additivi che dovranno essere riportati in etichetta. Vediamoli in dettaglio:
Tre forme diverse dell’anidride solforosa: diossido di zolfo, bisolfito di potassio, metabisolfito di potassio.
Cinque acidificanti sostituiti dall’impiego delle resine a scambio ionico: tartarico, malico, lattico, citrico, solfato di calcio (autorizzato solo su vini passiti).
Due antifermentativi utilizzati solo da coloro che hanno incertezze nelle tecniche di filtrazione: il sorbato di potassio, in auge negli anni ’60 e il dimetildicarbonato, poco diffuso e di recente introduzione.
Quattro stabilizzanti tartarici , tre dei quali di recente introduzione, che possono essere sostituiti dal corretto impiego di tecniche fisiche: acido metatartarico, carbossimetilcellulosa, poliaspartato di potassio e mannoproteine di lieviti.
Tre additivi solo per vini speciali: la resina di pino di Aleppo, usata in vini greci tradizionali; il caramello, impiegato per alcuni vini dolci passiti; l’anidride carbonica, presente nei vini frizzanti o spumanti gassificati senza fermentazione.
Rimuovendo dalla lista i prodotti sostituibili con tecniche fisiche o dedicati al mercato limitato dei vini speciali, rimangono solo:
L’acido L-ascorbico, un antiossidante presente in natura e di largo impiego alimentare, da tempo contestato per la tendenza a dare ossidazioni tardive ma repentine.
Il lisozima, un enzima ottenuto dall’uovo, efficace contro i batteri malolattici, che dovrebbe già essere indicato come allergene. Su di esso l’OIV apre addirittura alla possibilità che in alcuni casi non residui nel vino imbottigliato e perciò non sia obbligatorio il pittogramma riservato all’allergene.
La gomma arabica, anch’essa di largo impiego alimentare addirittura ingrediente base di alcune caramelle per bambini. E’ un additivo teoricamente utilizzato per la stabilizzazione del colore ma che viene ampiamente aggiunto al vino per correggere alcune imperfezioni gustative.
Quando gli additivi in etichetta?
Nonostante sia stata compilata la lista degli additivi enologici, il vino è esentato dal riportarli in etichetta per uno specifico articolo del regolamento 1169/2011.
Modifiche legali in merito non vengono proposte nemmeno dalle numerose Cantine virtuose, che già ora potrebbero farsi apprezzare maggiormente per un’etichetta “pulita”.
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